GIUSEPPE, IL SERVO FEDELE
Secondo Tonino Bello, il falegname di Nazareth si presenta così: “Sono Giuseppe, parente del primo Giuseppe figlio di Giacobbe. Lui era importante e ricco. Io sono un povero operaio. Lui era faraone. Io ho fatto di tutto: falegname, muratore, ortolano, scalpellino. Sono stato chiamato a una missione che ho capito poco a poco. Crescendo insieme a Dio ho capito Dio. Io ho fatto solo quello che Dio mi ha detto di fare. Sono Giuseppe e sono conosciuto come un uomo di poche parole. Le parole non si sprecano. Io ho parlato col mio silenzio. In casa vivevo con Gesù, il verbo, la parola fatta carne. Dalla sua parola ho imparato a camminare nelle vie di Dio. Ho fatto poche cose, ma ho fatto ciò che Lui mi ha detto di fare”.
Giuseppe, il servo silenziosoAnche nel racconto evangelico Giuseppe ci viene presentato con i tratti di un servo di estrema umiltà: un modesto, povero, e piccolo operaio, che non lascia, nel Vangelo stesso, nessuna traccia della sua voce. Si parla unicamente del suo contegno, di quanto ha fatto; tutto in silenzioso nascondimento e in obbedienza perfetta. La figura di Giuseppe è delineata nei tratti della modestia, la più comune per dare ragione della straordinaria missione che la Provvidenza gli ha affidato. Si presta a entrare in confidenza con un Santo che non vanta nessuna distanza da noi; anzi, con una semplicità che ci confonde, ci dice: “Ho fatto solo quello che Dio mi ha detto di fare”. Giuseppe, l’aiutante di DioNella fuga in Egitto sollecitata da un sogno, Giuseppe ha fatto una straordinaria esperienza della provvidenza di Dio, del Dio che protegge il povero. Prima come profugo in Egitto, poi come reduce a Nazareth, Giuseppe ha saputo ricominciare tutto daccapo, mettendo a frutto la sua creatività tipica degli artigiani. Da buon lavoratore, egli non ha aspettato a braccia conserte che Dio facesse tutto! Dio e Giuseppe lavoravano sempre insieme con fiducia reciproca. Il significato e l’operato di Giuseppe si collocano al di dentro di questo piano: Dio vuole essere «Emmanuele», il Dio con noi. Piano che è ancora in piena esecuzione e Dio ha bisogno di ognuno di noi, come ha avuto bisogno dell’aiuto di Giuseppe, l’operaio di Nazareth. |
Giuseppe e Comboni
La figura di S. Giuseppe ha un posto di rilievo nella spiritualità missionaria di San Daniele Comboni,assieme alla devozione al Cuore di Gesù e al Cuore di Maria. Comboni è entrato in comunione con san Giuseppe fin dal periodo della sua formazione giovanile presso l’Istituto Mazza. Da missionario adulto si è trovato a dover fondare la sua opera praticamente “dal nulla”, e organizzare da solo un’opera colossale. Divenne per lui ovvio, nella sua logica di fede, rivolgersi fiduciosamente a S. Giuseppe, sceglierlo quale Economo della Missione, rivolgendosi a lui con confidenza per ogni necessità. Nelle sue lettere, comunque, Comboni ci fa capire che S. Giuseppe è molto di più che “l’economo celeste” della Missione. Dai suoi scritti emerge la profondità del suo affetto verso la fede e l’umiltà di San Giuseppe. Per Comboni, Giuseppe è la figura dell’uomo credente, che obbedisce e tace, in una totale disponibilità al disegno di Dio. Giuseppe per Comboni diventa modello del missionario della Nigrizia, Per capire bene l’affetto di Comboni verso S. Giuseppe, ci può aiutare un testo di J. Benigne Bossuet (1627-1704), che sembra riecheggiare nelle parole di Comboni: “Dio cercava un uomo secondo il suo cuore per mettergli nelle mani quello che aveva di più caro: la persona del suo Figlio unico, l’integrità della sua Santa Madre, la redenzione del genere umano. Dio non sceglie Gerusalemme o altre città rinomate. Si ferma su Nazareth, e in questo borgo sconosciuto cerca un uomo ancor più sconosciuto. Dio sa che sono le virtù silenziose quelle che creano opere grandi e fanno miracoli. Se mai ci fu un uomo nel quale Dio si è fidato totalmente, costui è senza dubbio Giuseppe. La Chiesa, per la sua missione, non ha niente di più illustre, perché non ha niente di più nascosto”.
TERESINO SERRA