DANIELE COMBONI, MISSIONARIO FELICE
Stiamo celebrando il 190° Anniversario della nascita di san Daniele Comboni (1831-1881) e siamo invitati a ringraziare Dio per il carisma comboniano; e ad invocare la forza della presenza dello Spirito sulla famiglia comboniana. I superiori hanno pubblicato un messaggio per incoraggiare tutti alla gioia e allo sguardo spirituale verso il nostro padre fondatore per rinnovare il nostro entusiasmo missionario. In questo articolo ci fermiamo a contemplare il volto felice e gioioso di S. Daniele Comboni, nostro maestro.
LA GIOIA NEL VANGELO
“il contrario di un cristiano è un cristiano triste”, scrisse Bernanos. Cristiano e tristezza sono due termini che non possono convivere, si escludono a vicenda. La tristezza è il volto del cristiano debole. Scrive Chesterton: “La gioia, è il gigantesco segreto del cristiano e il Vangelo è un manuale di gioia”. Ma la gioia non s’improvvisa. E neppure si può fingere. Dev’essere qualche cosa di naturale, di spontaneo, abituale, profondo, limpido, che si manifesta nel volto, negli occhi, in tutta la persona. I trenta anni di vita pubblica non sono che un grido di gioia umana attorno a Gesù: acqua che diventa vino, reti gonfie di pesci, lebbrosi mondati, ciechi che aprono gli occhi, storpi che saltano in piedi, morti che tornano in vita. Tutti i suoi miracoli, cos’altro sono se non una consacrazione della gioia, del nostro diritto a essere felici anche quaggiù, da parte di Dio? E la parola gioia compare addirittura nella Passione. Prendendo congedo dagli apostoli, nell’Ultima Cena, Gesù dice: “… Ma vi vedrò di nuovo, e si rallegrerà il vostro cuore, e la gioia vostra nessuno ve la strapperà” (Gv 16,22). I nemici esterni non hanno la possibilità di rapirci la gioia. Nessuno può strapparcela… In realtà, l’unico nemico che può toglierci la nostra gioia, è dentro di noi.
LA GIOIA IN COMBONI Comboni, nelle sue foto, sembra serio, secco, duro. Era lo stile di “posa” del secolo, per cui la persona si irrigidiva e gli occhi si inchiodavano sulla scatola magica. Per il buon esito della foto uno doveva evitare ogni minimo movimento. In realtà Comboni era una persona di gioia e anche di umore. Comboni, scrivendo a suo cugino Eugenio nella vigilia di Natale del 1879, disse: “Qui con mio padre stiamo molto allegri. Sono i minchioni (= balordi) che patiscono malinconia”. Man mano che si leggono le lettere di Comboni si capisce che la sua gioia è frutto di una spiritualità ben vissuta, frutto di una fede del vero Cristiano, che vive in sintonia con la volontà di Dio. Comboni è anche in sintonia con la raccomandazione di Paolo ai Filippesi, quando descrive sentimenti di gioia nelle sue lettere: “Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi. Non angustiatevi per nulla, ma in ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti; e la pace di Dio custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri (Fil. 4,4-9)
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Comboni, come San Paolo, insegna che la gioia vera non si compra al mercato, ma è dono dello spirito. La gioia non è vivere di risata in risata. Non è divertirsi inventando cose per distrarsi ed evitare i problemi della vita. La vera gioia non è una risata sgangherata, ma è un volto sereno guidato da un cuore in pace con Dio, con gli altri e con sé stessi. Comboni ha in cuore libero e pieno di trasparenza e pace. Un cuore abitato dalla missione e dalle cose di Dio. Ecco, allora, che Comboni è felice di fare la volontà di Dio. E’ felice di patire per Cristo in favore della missione e di dare la vita per il suo popolo africano. E’ sereno nelle tante umiliazioni; e questa serenità viene da un cuore abitato da una pace interiore. E’ felice delle croci incontrate in missione, croci che porta volentieri per amore e per il bene degli altri. Ecco allora uno dei suoi sentimenti espressi negli ultimi tempi della sua vita: “Io, i miei Missionari, le mie cinque Suore Pie Madri della Nigrizia, siamo i più felici della terra poiché siamo nelle mani di Dio e della Vergine Maria. Noi soffriamo per Gesù. E’ dolce soffrire per Gesù, con Gesù e per la missione!”
UMORISMO IN COMBONI
Le battute amene, spiritose di Comboni sono moltissime e rivelano il cuore del missionario che sa scherzare anche davanti ai mille difficoltà della missione. Scherza sulla sua situazione economica, la sua povertà e dice: “la scarsella vuota è il peccato originale di noi missionari. Molti sacerdoti, quando mi vedono, pensano subito che li visito per chiedere soldi. Chiedo molto di più: voglio che vengano con me in missione. Siccome non potranno mai partire per le Afriche, mi licenziano con un po’ di soldi per le mie missioni. Per me va ben anche così. Tra l’altro anche il mio economo è felice quando porto soldi. Fa gli occhi da prefazio (=guardare con la coda dell’occhio) quando chiedo i soldi (che poi sarebbero miei) per la missione. In questi giorni il mio vero economo (S. Giuseppe) fa il sordo con me. Bisogna restituirli l’udito”.
Con vari personaggi di chiesa ha delle pennellate con le quali colpisce e scolpire: “ Il Cardinal Barnabò crede che col fare la sua volontà acquistiamo indulgenze plenarie. Poi quel mio confratello che agisce come un cavallo matto, si passa da santo tra due candele, ma non ha ginocchia di cammello (= prega poco) ed è molto ferito nel nomine Patris (= in testa)”. E dopo aver dato le pennellate agli altri, parla di se stesso con lo stesso umorismo: ”Sono grosso, grasso, grande, bianco e rosso, robusto e allegro più di Napoleone III. Sono poco santo e ho anche una grossa botte(= pancia) che mi pesa”. Termina poi definendosi lavapiatti di Dio e, senza l’aiuto di Dio, inutile fantaccino, capace di fare mille spropositi. Daniele Comboni, insomma, era un santo sorridente e sapeva scherzare sulla vita e su se stesso. Scrive: “Dio mi ha dato un temperamento ilare e tale che io godo e sono sempre contento e forse pochi vi sono al mondo più felici di me”
Teresino Serra
PREGHIERA PER LA GIOIA Signore, tu mi hai detto: “Felice sarai se ti lascerai trasformare dalla mia parola. Felice sarai se accetterai di metterti in cammino senza sapere dove vai. Felice sarai se, spogliandoti di tutto, prenderai con fede la croce di ogni giorno. Felice sarai se porterai sulle tue spalle la croce del tuo prossimo. Signore, voglio essere tutto tuo! Conservo nel cuore le tue parole e confido in te. |